Con una recente pronuncia (Sentenza n. 3897 del 07.10.2022), Il Tribunale di Torino è tornato ad affermare l’orientamento giurisprudenziale di legittimità ormai consolidato secondo il quale, in ipotesi di fideiussione, la mancata attivazione positiva del creditore nei confronti dell’obbligato principale nel termine di sei mesi di cui all’ art. 1957 c.c., comporta la decadenza da ogni azione nei confronti del fideiussore, che si intende così liberato.

Occorre al riguardo premettere che l’Associazione Bancaria Italiana (ABI), nel 2002, ha predisposto uno schema di contratto di “fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie”, contenente la c.d. clausola omnibus. Tuttavia, la Banca d’Italia, con il Provv. n. 55 del 2 maggio 2005, ha ritenuto alcune specifiche clausole del suddetto schema contrattuale predisposto dall’ABI lesive della concorrenza, in quanto contrastanti con le disposizioni della legge n. 287/1990 (Legge Antitrust).

Una di queste è la clausola che deroga il primo comma dell’art. 1957 c.c. per il quale “il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”. Come noto, la clausola presente nello schema ABI prevede che il creditore non sia tenuto a rispettare tale termine potendo agire anche successivamente senza decadere dal diritto di agire contro il fideiussore.

Sul solco di quanto disposto con il citato provvedimento dalla Banca d’Italia, le Sezioni Unite si sono più volte pronunciate sancendo che la fideiussione che riproduca lo schema fideiussorio dall’ABI è parzialmente nulla per le clausole riproduttive di quello schema.

Ciò posto dunque, qualora una fideiussione dovesse contenere una clausola derogatoria del termine di cui all’art. 1957 c.c., la stessa dovrà ritenersi nulla e troverà pertanto applicazione quanto diposto dalla citata norma con la conseguenza che l’obbligazione del fideiussore dovrà dichiararsi estinta per decadenza, stante il mancato rispetto da parte del creditore del termine semestrale imposto dalla norma.

Sul punto occorre inoltre specificare che la giurisprudenziale di legittimità ha precisato che,  per il creditore garantito, la semplice diffida non risulta idonea a scongiurare la decadenza di cui all’ art. 1957 c.c., dovendo lo stesso proporre la propria istanza contro il debitore nelle forme dell’insinuazione al passivo. (Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 18779 del 28 luglio 2017).

In conclusione, data l’inapplicabilità della clausola derogatoria del termine previsto dall’art 1957 c.c. del contratto di fideiussione, qualora il creditore non abbia dato prova di essersi attivato entro il termine sancito dalla norma tramite gli opportuni strumenti di tutela giurisdizionale offerti dalla legge, il fideiussore sarà liberato dalla propria obbligazione.