Come noto, il D.Lgs. 231/2001 prevede la responsabilità amministrativa degli enti (es. società, associazioni, consorzi, enti pubblici economici), in seguito alla commissione di specifici reati posti in essere da amministratori, dirigenti e dipendenti nell’interesse o a vantaggio degli enti stessi.
I presupposti previsti per l’applicazione delle sanzioni sono:
- l’integrazione di uno dei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001 da parte di amministratori, dirigenti e dipendenti dell’ente (reato presupposto);
- il reato deve essere commesso nell’interesse o a vantaggio della società;
- deve essere omessa la predisposizione del modello organizzativo finalizzato ad
individuare i rischi e prevenire i reati, oppure rilevata l’inadeguatezza o l’inefficace
attuazione del modello organizzativo.
Ai sensi dell’articolo 25-undecies D.Lgs. 231/2001 i reati ambientali rientrano tra i reati presupposto ai fini della responsabilità amministrativa dell’ente o della società.
Sullo specifico punto, la suprema Corte di cassazione, sezione terza penale, con la sentenza n. 21034/2022 del 05.05.2022 ha tracciato importanti principi di diritto circa la rilevanza proprio dei reati ambientali ai fini della responsabilità amministrativa dell’ente.
Il Tribunale di Rimini aveva condannato una persona fisica per avere versato in un torrente cose atte a offendere e imbrattare le persone, trattandosi di rifiuti provenienti sia da scarichi di natura industriale, sia di natura domestica. In merito, sulla base del costante orientamento espresso in sede di legittimità, in tema di tutela delle acque dall’inquinamento per scarico, si deve prendere in considerazione qualsiasi versamento di rifiuti, che provenga dall’insediamento produttivo nella sua totalità, a nulla rilevando che parte di esso sia composta da rifiuti non direttamente derivanti dal ciclo produttivo.
Nel caso di specie dunque, i Giudici di piazza Cavour hanno confermato la responsabilità tenuto conto che il Tribunale, dopo aver dato atto dell’esistenza di tutti i presupposti richiesti dalla Legge per poter ritenere configurabile la responsabilità amministrativa dell’ente (ex Decreto 231) e cioè la sussistenza del reato di cui all’articolo 137, commi 1 e 2, D.Lgs. 152/2006, la qualifica soggettiva dell’autore del reato, la mancata dimostrazione della adozione di modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire la commissione di reati, ha anche affermato che il soggetto attivo del reato aveva certamente agito nell’interesse della società che amministrava, in quanto l’apertura e il mantenimento dello scarico oggetto della contestazione aveva consentito all’ente di recapitare i propri reflui senza necessità di raccoglierli e smaltirli secondo la disciplina vigente.
La motivazione è apparsa idonea e corretta: l’interesse e il vantaggio per l’ente devono essere verificati in concreto e la società deve ricevere un’effettiva e potenziale utilità, ancorché di natura economica, dalla commissione del reato. In tal senso l’interesse e il vantaggio sono valutabili anche in termini di risparmio di costi, con il risultato che si deve ritenere posta nell’interesse dell’ente e dunque fonte di responsabilità amministrativa, anche quella condotta che, come nel caso in esame, attui le scelte organizzative o gestionali dell’ente da considerarsi inadeguate con la conseguenza che la stessa azione, anche se non implica direttamente o indirettamente un risparmio di spesa, se è coerente con la politica imprenditoriale di cui tali scelte sono espressione e alla cui attuazione contribuisce, è da considerarsi realizzata nell’interesse dell’ente.
L’articolo 6 D.Lgs. 231/2001 esonera dalla responsabilità la società o l’ente che abbia adottato e efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi o che ha affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curarne l’aggiornamento a un organismo dell’ente (organismo di vigilanza) dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.
Appare dunque fondamentale che la società abbia preventivamente attivato un modello di organizzazione, di gestione e di controllo del rischio predisposto tenendo conto degli eventuali profili di responsabilità amministrativa configurabili anche in relazione ai reati ambientali e che risulti così idoneo a scongiurare eventuali contestazioni.
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