L’economia digitale comprende tutte le attività economiche che si sono sviluppate sulle tecnologie digitali. Tra le varie forme che essa può assumere si pensi all’e-commerce.
L’avvento dell’economia digitale ha determinato importanti sfide dal punto di vista fiscale, quali l’alta mobilità dei contribuenti e del capitale, l’alto numero di transazioni transfrontaliere e di internazionalizzazione delle strutture finanziarie.
Anche l’individuazione della base imponibile dell’economia digitale può risultare difficile a causa di alcuni fattori, quali:
- La fornitura di beni e servizi senza una presenza fisica o legale. Questa dematerializzazione ha grande rilevanza dato che i sistemi fiscali sono tradizionalmente basati sulla presenza fisica, infatti le imprese residenti in un Paese di regola son tassabili in un altro Paese dove realizzano profitti solo qualora vi abbiano una stabile organizzazione o una sede materiale fissa.
- Le situazioni in cui i consumatori accedono a servizi digitali gratuitamente in cambio della corresponsione dei propri dati personali (es. Facebook, Google).
In questo contesto alcuni operatori economici, dal momento che tali fenomeni non sono ancora pienamente regolati, hanno elaborato pratiche di evasione o di elusione fiscale con il fine di massimizzare i profitti e minimizzare il contributo a favore dell’erario. In questo senso si parla di “pianificazione aggressiva delle tasse” con cui le imprese spostano gli utili verso le c.d. law tax jurisdictions.
A livello di regolamentazione, in ambito internazionale l’OCSE è intervenuta con il “pacchetto BEPS” che consiste nell’adozione di standard internazionali che identificano i principali settori di intervento necessari per affrontare l’erosione della base fiscale e lo spostamento dei profitti. Pur essendo strumenti di soft law, giuridicamente non vincolanti, ci si aspetta che i Paesi che hanno partecipato alla loro elaborazione li attuino.
A livello nazionale la strada della tassazione di tali tipi di attività è già stata intrapresa da vari Paesi. Si pensi, ad esempio, alla Digital Service Tax inglese (DST) e alla web tax francese, operativa dal 2021.
In Italia a decorrere dal 1° gennaio 2020 si applica la nuova imposta sui servizi digitali (ISD), ma tale nuova disciplina, attraverso una norma di chiusura, prevede l’abrogazione dell’imposta a decorrere dalla data dell’entrata in vigore delle disposizioni derivanti da accordi internazionali sulla tassazione del mondo digitale.
Emerge, dunque, chiaramente l’attenzione del legislatore ai lavori paralleli che si svolgono sul piano internazionale e europeo. Tuttavia, alla luce dell’incertezza attuale, non è chiaro quando e come questa clausola potrà essere applicata.
Come può desumersi dal breve quadro sin qui descritto, l’obiettivo di costruire un adeguato sistema di tassazione dell’economia digitale è lungi dall’essere raggiunto. L’incertezza è data da un lato dal fatto che occorre trovare un compromesso tra i vari interessi in gioco degli stakeholder (multinazionali high-tech, imprese europee, Paesi in via di sviluppo, consumatori, ecc.). Dall’altro lato è necessario riadattare i principi di diritto tributario che hanno permeato il sistema di tassazione della maggior parte delle economie nazionali negli ultimi sessant’anni.
L’auspicio è che le soluzioni individuate vengano costruite per garantire una tassazione al passo con i tempi, ma che non ostacoli l’evoluzione digitale intrapresa dalle imprese italiane ed europee.
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