GLI ULTIMI SVILUPPI DELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Banca d’Italia, con il provvedimento n. 55 del 2005, ha dichiarato nulle tre clausole contenute nello schema ABI 2002 (nello specifico quella di “reviviscenza“, la deroga all’art. 1957 c.c. e quella c.d. “di sopravvivenza”) delle Fideiussioni Omnibus per violazione della normativa antitrust.


Questo Provvedimento ha comportato il nascere di un acceso dibattito giurisprudenziale in merito alla nullità relativa ovvero assoluta dei contratti di fideiussione che, ancora oggi, ripropongono le clausole già suo tempo dichiarate nulle che, auspicabilmente, potrebbe trovare una definitiva soluzione nell’ordinanza interlocutoria n. 11486/2021. La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente la valutazione circa la necessità della trasmissione alle Sezioni Unite della questione di particolare importanza, relativa alle conseguenze giuridiche di una fideiussione bancaria per cui sia contestata la nullità per violazione dell’art. 2 della Legge Antitrust.


La Prima Sezione della Cassazione, con la sopracitata ordinanza interlocutoria, ha infatti rilevato il potenziale contrasto giurisprudenziale tra l’orientamento che prevede la dichiarazione di nullità parziale della fideiussione e quello che prevede la dichiarazione di nullità integrale posto che, indagando la volontà delle parti, il fideiussore avrebbe ben potuto non prestare il proprio consenso al rilascio della garanzia con le clausole de quibus, epurate dal testo contrattuale per intervento del giudice.


Ebbene, richiamando la pronuncia n. 2207/2005 della Cassazione, la citata ordinanza n. 11486/2021 evidenzia che “il contratto cosiddetto “a valle”, ovvero il prodotto offerto al mercato, del quale si allega […] la omologazione agli altri consimili prodotti offerti nello stesso mercato, è tale da eludere la possibilità di scelta da parte del consumatore” e che “il consumatore, che è l’acquirente finale del prodotto offerto al mercato, chiude la filiera che inizia con la produzione del bene. Pertanto, la funzione illecita di una intesa si realizza per l’appunto con la sostituzione del suo diritto di scelta effettiva tra prodotti in concorrenza con una scelta apparente. E ciò quale che sia lo strumento che conclude tale percorso illecito. A detto strumento non si può attribuire un rilievo giuridico diverso da quello della intesa che va a strutturare, giacché il suo collegamento funzionale con la volontà anticompetitiva a monte lo rende rispetto ad essa non scindibile”.


La prima Sezione della Cassazione, pertanto, con l’ordinanza interlocutoria n. 11486/2021, ritiene fondamentale l’intervento delle Sezioni Unite al fine di precisare definitivamente (questa è la speranza) una serie di questioni ancora oggi fortemente dibattute ovverosia:
a) se la coincidenza totale o parziale delle fideiussioni con lo schema Abi ritenuto lesivo della concorrenza giustifichi la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore o legittimi esclusivamente l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno da parte del danneggiato;
b) ove sia ritenuta applicabile la nullità predetta, quale sia in concreto il regime applicabile all’azione di nullità, sotto il profilo della tipologia del vizio e della legittimazione a farlo valere;
c) se sia pertanto ammissibile o meno una dichiarazione di nullità solo “parziale” della fideiussione;
d) se, in tutto questo, l’indagine del giudice debba avere ad oggetto, oltre alla coincidenza delle fideiussioni con lo schema Abi ritenuto lesivo della concorrenza, anche la potenziale volontà del fideiussore di prestare ugualmente il proprio consenso al rilascio della garanzia senza le clausole invalide; oppure, eliminate le clausole invalide, si realizzi un mutamento tale dell’assetto d’interessi derivante dal contratto, tale da dover condurre necessariamente ad una nullità dell’intera fideiussione.