Mi è capitato molto spesso, e ancora di più nel periodo pandemico che stiamo vivendo, di trovarmi a gestire situazioni di conflittualità che vedono come protagonisti i soci, di società di persone o di capitali. Sempre più spesso, vengo infatti interpellata per supportare i clienti in liti tra amministratori, tra soci e amministratori, tra la società e i soci stessi.
In tutte queste situazioni, ciò che sin da subito rileva è la particolare animosità delle parti. Per un imprenditore, di piccole medie o grandi dimensioni, il conflitto interno alla società va a toccare l’essenza stessa di quanto è stato costruito in anni, a volte decenni, di lavoro.
Affrontare queste situazioni richiede competenze altamente specialistiche e non limitate al mero ambito tecnico legale, in quanto presuppone un’azione che necessariamente non può, e non deve, essere limitata ad un attività di pareristica legale ovvero di asettico esame delle questioni giuridiche in gioco.
Il tempo, nelle controversie intrasocietarie, è spesso una variabile essenziale, da tenere in primaria considerazione. Non di rado, infatti, il protrarsi di una situazione conflittuale rischia di generare conseguenze non prevedibili in termini di : enorme dispendio di energie interne per l’attività di raccolta di informazioni e documentazione necessaria all’attività legale; perdita di opportunità di business per l’impossibilità di raggiungere decisioni, tantopiù nel caso di società con partecipazioni egualitarie – es. due soci al 50% – danni all’immagine dati dalle fughe di notizie, spesso inevitabili all’interno del settore di riferimento.
In tale contesto, la definizione di una strategia legale integrata ad un approccio di gestione del rischio diviene quindi fondamentale nell’assumere decisioni su quali iniziative intraprendere.
La legge garantisce infatti all’amministratore e al socio di società una serie di strumenti ad iniziativa di parte, la cui corretta modulazione, se affiancata ad un’adeguata scelta dei tempi, può garantire alte probabilità di un’uscita in tempi rapidi dalla crisi.
La convocazione di un’assemblea, su impulso del socio minoritario dissidente, in cui all’ordine del giorno vengano poste precise e concordanti richieste di chiarimento rispetto all’operato dell’amministratore; la strutturazione di una diffida extragiudiziale notificata a mezzo ufficiale giudiziario; la proposizione di una mediazione volontaria; l’esercizio, da parte del socio, dell’ampio diritto di ispezione garantito dalla legge su tutti i documenti societari; un’analisi contabile approfondita; una disamina della situazione bancaria; sono questi tutti elementi che, a titolo esemplificativo, possono orientare una conflittualità a prima vista insolubile ad una ragionata e concordata risoluzione dei reciproci rapporti.
Ogni società è, più che un contratto, un organismo vivente, rappresentata dalle persone che vi operano: le categorie legali, tantopiù nell’ambito di un contenzioso giudiziale o arbitrale, non sono per loro natura flessibili, e pertanto mal si adattano a comprendere – e risolvere – in modo soddisfacente le situazioni di conflittualità endosocietaria.
Muoversi con tempestività, cogliendo le opportunità che la legge offre, e mettendole al servizio della strategia che si è preventivamente individuata, consente nella maggioranza dei casi di fare pressione – in modo del tutto lecito – sull’altra parte, giungendo in tempi anche brevi alla definizione di un accordo.
Leave a Comment