Uno degli argomenti più dibattuti e controversi all’interno della gestione dell’emergenza Covid-19 appare senz’altro quello relativo all’assunzione di poteri decisionali in capo a Stato e Regioni, nonché al loro intricato rapporto.
Il contesto emergenziale in cui ci troviamo ha imposto il ricorso a misure straordinarie, cosiddette extra ordinem, evocando poteri eccezionali in capo alla pubblica amministrazione.
Nel corso degli ultimi mesi abbiamo tutti assistito a una esorbitante produzione di provvedimenti provenienti da molteplici soggetti istituzionali, volti alla risoluzione e al contenimento delle conseguenze prodotte dalla diffusione del contagio, provocando non poche perplessità circa la loro reale efficacia.
I cittadini di fatto hanno dovuto orientarsi nel vero e proprio dedalo di misure, spesso tra loro contrastanti, al fine di porre in atto comportamenti legittimi e conformi alla situazione in essere.
E così sempre più doverosa è apparsa l’esigenza di individuare quale tra i rimedi assunti sia prevalente, attenuando altresì lo scontro insorto tra Governo e Regioni.
Il D.L n. 6 del 23 febbraio 2020, all’art. 2, aveva assegnato alle “autorità competenti” il potere di emanare ulteriori provvedimenti rispetto a quelle indicate all’art. 1. L’ambiguità della norma, come anche la sua indeterminatezza, aveva prodotto una fertile genesi di ordinanze regionali dal contenuto spesso maggiormente stringente rispetto agli atti del Governo.
Un primo tentativo di risoluzione al problema della gerarchia dei provvedimenti, così come della loro efficacia, è stato attuato con l’emanazione del D.L. 19/2020, mediante il quale si è puntualmente chiarito il rapporto tra Stato e Regioni nella gestione dell’emergenza.
Una progressione in senso di coordinamento tra i due livelli istituzionali è stata attuata mediante due forme di partecipazione regionale: quella prevista all’art. 2, con il quale è sancito il principio del “previo parere” della Conferenza delle Regioni anteriormente all’emanazione di misure adottate con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; e in secondo luogo, quella prevista all’art. 3, c. 1, norma che permette alle Regioni di introdurre provvedimenti maggiormente aspri soltanto nell’ipotesi di “specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso” e soltanto in via provvisoria in attesa dell’intervento statale.
Facendo riferimento allo specifico tema delle ordinanze regionali e alle numerose contestazioni che si sono sollevate nelle scorse settimane, molte delle quali terminate con pronunce dei Tribunali Amministrativi Regionali, sembra essere sempre più convincente il ruolo residuale di tali provvedimenti rispetto agli atti di emanazione statale.
Infatti, l’art. 3, c. 1 e 3, circoscrive l’ambito di applicazione delle ordinanze regionali nelle sole more dell’adozione dei D.P.C.M., dichiarandone altresì l’inefficacia qualora totalmente in contrasto con il provvedimento governativo.
Ulteriore presupposto imprescindibile ai fini dell’emanazione di un’ordinanza è che nel solo territorio regionale siano emerse “specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento” del quadro sanitario tali da richiedere una ulteriore restrizione delle libertà personali.
Infine, la Regione potrà statuire soltanto nelle materie di sua competenza.
Dunque, del tutto illecite rimangono le ordinanze regionali in deroga ai D.P.C.M. che prevedono misure meno afflittive e stringenti.
Ebbene, appare evidente l’intento della norma, volto a tutelare per mezzo delle istituzioni maggiormente vicine alle singole realtà locali, situazioni emergenziali di estrema gravità, le quali non potrebbero essere monitorate e contenute in tempi estremamente celeri dall’intervento statale.
Constatazione questa, che non nasce con la pandemia da Covid-19, il legislatore già con la L. 833/1978 aveva individuato, all’art. 32 c. 3, quale unico mezzo in grado di tutelare la salute pubblica adeguatamente e in termini tempestivi, il potere di ordinanza extra ordinem in capo al Presidente della Regione.
Nonostante il D.L. 19/2020 abbia tentato di porre fine al contrasto sorto, in ogni caso permane il difficile rapporto di coordinamento tra due livelli istituzionali molto spesso in contrasto tra loro, soprattutto in situazioni di emergenza straordinarie ed è per questo motivo che imprescindibile deve essere il rispetto delle competenze attribuite e del principio cardine di “leale collaborazione”.
