COME FRONTEGGIARE L’EMERGENZA DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO: LE TUTELE OFFERTE DAL CODICE CIVILE PER QUANTO CONCERNE I RAPPORTI CONTRATTUALIZZATI.
L’attuale situazione emergenziale causata dalla pandemia del virus COVID-19 che sta affliggendo il Paese, oltre ai noti profili critici dal punto di vista umano e della salute, presenta anche dei grandi profili di criticità per quanto concerne moltissime imprese che hanno deciso di chiudere per tutelare i propri dipendenti o che stanno lavorando a regime ridotto a causa delle svariate limitazioni poste in essere dal Governo.
Le imprese, infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, sono vincolate da contratti conclusi in tempi in cui l’attuale stato di emergenza era inimmaginabile e dai quali conseguono una serie di oneri economici difficilmente sostenibili per le stesse a causa, appunto, dell’emergenza che stiamo vivendo e dalla conseguente impossibilità di svolgere la propria attività regolarmente.
Vi sono, però, una serie di rimedi, previsti dal Codice Civile e posti a favore dei contraenti di contratti a prestazioni corrispettive che si trovano a dover affrontare situazioni straordinarie ed imprevedibili al momento della conclusione del contratto stesso, quale è la presente situazione che affligge tutti noi Italiani ed in particolare la popolazione lombarda.
Di seguito una breve analisi di detti rimedi.
Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta per i contratti ad esecuzione continuata
Per quanto riguarda i contratti ad esecuzione continuata, differita o periodica, l’articolo 1467 del Codice Civile concede un rimedio contro l’alterazione dell’equilibrio dello scambio delineato dalle parti, per il caso in cui vi siano dei fatti sopravvenuti straordinari ed imprevedibili che rendano la prestazione di una delle parti eccessivamente onerosa, determinando un sacrificio sproporzionato di detta parte a favore dell’altra parte.
Qualora si verifichino tali presupposti la parte svantaggiata può liberarsi dal vincolo contrattuale risolvendo il contratto stesso.
Andiamo, dunque, ad analizzare nello specifico detti presupposti, un contratto potrà essere risolto per eccessiva onerosità sopravvenuta quando:
si tratta di un contratto ad esecuzione continuata, differita o periodica: si deve dunque trattare di contratti per i quali è previsto il decorso di un intervallo di tempo tra la stipulazione dell’accordo e la sua esecuzione. Tale assunto è inevitabile: se il momento della stipulazione e dell’esecuzione del contratto fossero coincidenti, non vi sarebbe il tempo per il verificarsi dell’evento di natura straordinaria ed imprevedibile che causa lo squilibrio del sinallagma contrattuale. Per quanto riguarda i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, ovviamente, si dovrà considerare la prestazione quale eccessivamente onerosa dal momento in cui si è verificato l’evento imprevedibile e straordinario, con la conseguenza che le prestazioni precedenti non verranno incluse nelle conseguenze derivanti dalla risoluzione contrattuale;
– che si verifichi una situazione di eccessiva onerosità della prestazione di una delle parti: deve innanzitutto trattarsi di un’onerosità sopravvenuta successivamente alla conclusione del contratto, in secondo luogo l’onerosità deve essere eccessiva, con un conseguente grave squilibrio economico tra prestazione e controprestazione. Tale squilibrio, come detto, deve riguardare uno scambio (di prestazioni) non ancora avvenuto.
– che l’eccessiva onerosità sopravvenuta dipenda da avvenimenti straordinari ed imprevedibili: la prevedibilità o meno dell’evento va valutata non in astratto (qualsiasi cosa è prevedibile, dipende solo dalla nostra immaginazione), ma alla luce di un giudizio che, a priori, un uomo medio avrebbe ritenuto di formulare per cautelarsi nello stipulare il contratto. È esattamente il caso della diffusione pandemica del virus Covid-19, che ha portato all’adozione da parte del Governo delle svariate misure restrittive tutt’ora in vigore: nessuno avrebbe potuto prevedere a priori una simile situazione.
Se ricorrono i presupposti sopra descritti il contraente svantaggiato potrà, tramite apposita comunicazione sottoscritta da inviare a mezzo PEC od a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, risolvere il contratto in essere tra le parti.
Prima di procedere, però, si dovrà valutare attentamente l’effettiva sussistenza dell’onerosità sopravvenuta sulla base della quale si vuole risolvere il contratto. La risoluzione del contratto, infatti, non può essere concessa quando l’onerosità sopravvenuta non supera l’alea normale (ovvero il rischio) che ogni operazione economica protratta nel tempo presenta.
Attenzione, inoltre, ai contratti aleatori (ovvero quei contratti in cui l’entità e l’esistenza della prestazione sono legate ad un elemento di rischio, per fare qualche esempio: contratti di gioco, assicurazione, acquisto di titoli azionari) essi, infatti, non possono essere risolti per eccessiva onerosità sopravvenuta in quanto le parti hanno già accettato il rischio di una variazione, anche sproporzionata, della prestazione che sia legata ad avvenimenti futuri.
Si precisa, infine, che la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto fino a ricondurre il rapporto tra le prestazioni entro i limiti dell’alea normale del contratto stesso.
Chiariti i presupporti necessari e concorrenti per poter effettuare una risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, ad ogni imprenditore, prima di procedere, può sorgere un naturale quesito: cosa succede se dopo l’invio di comunicazione di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta l’altro contraente non accetta tale risoluzione e la contesta (senza dunque offrire una rimodulazione delle condizioni contrattuali e pretendendo la prestazione contrattualmente sancita)? In questo caso, la parte che non accetta la risoluzione, dovrà instaurare un contenzioso giudiziale al fine di dimostrare che la risoluzione non poteva intervenire in quanto non ricorrevano i presupposti richiesti dal Codice Civile: sarà dunque un Giudice, in seguito all’espletarsi di un giudizio di merito, a dover sentenziare se la risoluzione sia intervenuta o meno.
Considerata l’attuale situazione, il presupposto riguardante l’evento straordinario ed imprevedibile sarà facilmente dimostrabile. Considerato che la norma è applicabile ai soli contratti ad esecuzione differita, continuata o periodica e dunque pare plausibile che un soggetto agisca solamente per risolvere tali tipologie contrattuali, appare probabile che il nodo della controversia sarà legato all’effettività dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, dunque alla prova che è effettivamente intervenuto un grave squilibrio economico tra prestazione e controprestazione.
Risoluzione per impossibilità sopravvenuta per i contratti a prestazioni corrispettive
L’articolo 1463 del Codice Civile sancisce che nei contratti a prestazioni corrispettive l’impossibilità della prestazione di una parte porta alla risoluzione di diritto del contratto anche se l’altra prestazione è ancora possibile.
In caso di impossibilità della prestazione, nei contratti corrispettivi, però, vi è anche il venir meno del diritto alla controprestazione.
Dunque in caso di prestazione impossibile a causa della situazione emergenziale derivante dal diffondersi del virus Covid-19, potrete procedere alla risoluzione contrattuale, senza, però, poter pretendere la prestazione di controparte, anche se essa è tutt’ora possibile.
Se la prestazione è divenuta solo parzialmente impossibile il corrispettivo è giustificato per la parte corrispondente e dev’essere ridotto: la risoluzione è dunque parziale. Se, però, la prestazione che è residuata non offre un interesse apprezzabile per il creditore, egli può recedere dal contratto.
La soprascritta fattispecie è sicuramente meno specifica e più diffusa anche in situazioni ordinarie rispetto alla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. Va da sé, però, che nella situazione attuale molte prestazioni siano divenute per l’appunto “impossibili”. In questo caso, una volta appurata l’impossibilità effettiva, il soggetto che non può eseguire la prestazione potrà risolvere il contratto, sempre a mezzo comunicazione sottoscritta inviata a mezzo PEC od a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno.
Attenzione però, ricordate che non potrete assolutamente chiedere la controprestazione all’altro contraente, anche se la stessa rimane possibile.
Anche in questo caso, qualora l’altra parte contrattuale non accetti la risoluzione del contratto, dovrà adire l’autorità giudiziaria competente e dimostrare che non vi fosse un’effettiva impossibilità della prestazione dovuta dalla parte che ha risolto il contratto.
Ripetizione di quanto corrisposto sulla base di un contratto risolto ex art. 1463 c.c.
Vi è poi il caso in cui una parte abbia già effettuato la prestazione e l’altra parte, successivamente, non sia in grado di effettuare la propria prestazione, appunto, per impossibilità sopravvenuta (esempio classico quello delle compagnie aeree: il passeggero ha già pagato il biglietto, la compagnia, però, non può effettuare la prestazione a causa dei provvedimenti adottati dalle autorità statali per il contenimento del virus Covid-19). Il quesito che spontaneamente sorge a questo punto è, vi è diritto alla restituzione della prestazione effettuata? La risposta è affermativa.
Sempre in base a quanto sancito dall’art. 1463 del Codice Civile, infatti, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità deve restituire la prestazione già ricevuta secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito (Art. 2033 Cod. Civ.). In particolare, secondo il combinato disposto degli Artt. 1463 e 2033 de Codice Civile vi sarà diritto alla restituzione della prestazione ed al pagamento dei frutti e degli interessi dal giorno della domanda di restituzione.
Qualora l’altra parte non voglia restituire la prestazione, sarà necessario instaurare un apposito giudizio di merito in cui si accerti: lo squilibrio del sinallagma contrattuale dato dalla mancata effettuazione della prestazione di una delle parti per impossibilità sopravvenuta ed il conseguente diritto alla restituzione della prestazione già effettuata dall’altra parte.
Conclusioni.
Considerata la situazione che stiamo vivendo, a prescindere dai rimedi che il Codice Civile ci offre, la soluzione migliore è data dall’utilizzo del buon senso. Sarà dunque conveniente per due soggetti, imprese o persone fisiche che siano, rimodulare i contratti in essere tra gli stessi in base alla situazione attuale e dunque riportare un equilibrio tra le prestazioni dovute, risolvendo bonariamente la questione ed evitando contenziosi giudiziali.
Altra soluzione è data dall’attesa: attendere ora per poter proseguire il rapporto commerciale ad emergenza conclusa, senza andare a forzare i tempi, sebbene magari i termini contrattualmente sanciti lo permettano.
Allo stesso tempo però, una volta appurata l’impossibilità di trovare un accordo secondo buonsenso, il consiglio è di non rimanere inerti e subire la situazione passivamente, agendo prontamente di rimando ed utilizzando i rimedi che la legge pone a favore delle parti a seconda della specifica situazione.